27 marzo 2012

Un passo alla volta



Va bene, forse è il caso che vi debba dire qualcosa di me.
Classe 1964, sono a capo di una famiglia monoreddito composta da quattro persone (anche se capofamiglia è una definizione che non mi piace, non mi sento capo di nessuno. Per me la famiglia è un’architettura democratica in cui tutti offrono il loro contributo. Ma tant’è per l’ordinamento giuridico italiano). Lavoro in un supermercato come addetto al Post-Acquisti e come molti di voi, sono costretto a fare i salti mortali per arrivare a fine mese.
Ecco la mia agenda spese semplificata:
Un mutuo sulla prima casa con relative spese di manutenzione e tasse (che non riesco a pagare);
Le bollette;
Spese alimentari;
Gestione dell’automobile (Perlopiù ferma, priva di carburante).
Spese scolastiche;
Mantenimento dei familiari a carico;
Emergenze mediche e/o sanitarie (vogliamo parlare dei costi odotontoiatrici non garantiti dal servizio sanitario nazionale? VERGOGNA!)
Altre ed eventuali…”
A complicare le cose, aggiungo il fattore lavoro:
Essendo alla soglia dei cinquant’anni, ed avendo esercitato un'attività imprenditoriale propria per circa venti anni, ho seguito con preoccupazione i mutamenti tecnologici che hanno cambiato radicalmente le nostre abitudini. Politiche colpevoli di aver dato origine a falsi bisogni e aspettative che hanno creato l’attuale condizione di precarietà.
Quando iniziai il mio percorso di apprendista alla giovane età di quattordici anni, mi insegnarono a rispettare l’anzianità lavorativa dei miei colleghi. Loro erano considerati “maestri d’arte” ed era un privilegio assimilare il loro bagaglio di esperienza. Oggi con una cultura imperniata sul consumo sfrenato, pubblicità e capitalismo, non conta come lavori, ma quanto produci. Chi se ne frega della qualità della manodopera. Quindi a cinquant’anni, per il mercato del lavoro, sei solo vecchio, lento e meritocraticamente ignorato . Mentre dovresti essere sempre e solo più veloce.
Un writer ignoto ha scritto questa frase su di un muro: “ LAVORA, PAGA, MUORI”.

Riassumendo: ho quasi 50 anni,una moglie e due figli a carico, lo stipendio da miserabile (testualmente riferitomi dal direttore della banca ha cui ho chiesto la rinegoziazione del mutuo), un sacco di spese a cui non riesco a far fronte, un lavoro incerto, ed inserito in un contesto sociale, nel quale sei valutato solo in funzione di quanto puoi spendere.
Come mi dovrei sentire? Come vi sentireste o vi sentite voi?
Io mi sento solo una mucca da mungere finchè riesco a dare latte.
Quindi?
Morale a terra, autostima inesistente, depressione e senso di inadeguatezza.
Molti di voi diranno che è normale amministrazione o che c’è di peggio.
Né sono assolutamente consapevole.
Ma la domanda è: “Come uscire da queste sabbie mobili prima che ci annichiliscano completamente?”

Un motto zen cita:
Se di un problema non hai soluzione; di cosa ti preoccupi.”
Se di un problema hai soluzione; di cosa ti preoccupi.”

Sula base di queste affermazioni, tentiamo un piccolo esercizio: proviamo a cambiare prospettiva.
Se scompongo i fattori in gioco e provo a guardarli da un’altra angolazione, forse i risultati possono sorprendermi:
Il mutuo è un problema che non posso risolvere (quindi non è un problema), però ho una casa asciutta e confortevole;
L'automobile? In caso di necessità è disponibile, alla peggio sospendo l'assicurazione. Poi vedremo (quindi non è un problema).
Le bollette, le spese alimentari e tutto il resto, hanno interamente coinvolto mia la famiglia nella faticosa ricerca e messa a punto di un' "amministrazione domestica creativa" molto più efficiente e sostenibile, che ha indicato a noi tutti una via alternativa fatta di economia ed ecologia, privilegiando ad esempio, il trasporto pubblico ed il commercio agricolo di prossimità, ottimizzando  così qualità e risparmio.
La naturale conseguenza di questo stile di vita si è concretizzata in una visione tanto distante dall'attuale linea imposta dalle esigenze di mercato, quanto più vicina alla atavica essenza della semplicità della vita. Un cambiamento positivo direi.

Rimangono comunque molte questioni in sospeso a cui prestare attenzione e l'ansia che ne deriva è sempre elevata. Ma se solo per un momento, mi fermo a meditare su quello che sto facendo, non posso che plaudire per l'ottimo risultato.

Anche il viaggio più lungo comincia con un passo

Fabrizio P.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Tanto di quello che siamo lo determiniamo noi, la maggior parte di ciò che siamo diventati ci è inesorabilmente e subdolamente stato imposto da altri, questo è il "NUOVO EVO".

Fabrizio P. ha detto...

Qualche volta ci lasciamo trasportare dalla corrente, altre tracciamo rotte diverse, in ogni caso siamo noi a tenere il timone. Cambiare rotta richiede coraggio e fatica, ma abbiamo il dovere, nei confronti delle generazioni future, di remare nella giusta direzione per fare in modo che questo "NUOVO EVO" non diventi un "MEDIOEVO"