18 marzo 2012

Comunicare? Che fatica!


Carlo rientrò a casa dopo il primo turno di lavoro. Aveva qualche ora per riposare prima di tornare alle 17:00, ed era già stanco al solo pensiero.

Ciaaaooo famiglia! Sono tornato!” urlò entrando. In casa c’era solo sua moglie, ma era una frase rituale che ripeteva ogni giorno, come un riflesso incondizionato.

Mentre si toglieva le scarpe, con un occhio alla TV, fece un passo falso e... CRACK! Pestò in pieno la ciotola delle crocchette della gattina. Croccantini ovunque: sparpagliati per la cucina e perfino nella sala da pranzo.

Ma è mai possibile che sia sempre tu a rovesciare la ciotola del gatto?” sbottò sua moglie, comparendo sulla soglia con il tono di chi aveva già perso la pazienza.

Carlo rimase in silenzio, ma nella sua mente partirono una serie di flashback imbarazzanti:

C’era quella volta che aprendo uno sportello della cucina un barattolo gli era caduto in testa, centrandolo come in un tiro a segno. Oppure quando, sedendosi sul divano, aveva rotto il telecomando, nascosto tra i cuscini come una trappola. E poi il disastro dei bastoncini cotonati: un colpetto alla scatola ed era esplosa come un fuoco d’artificio, lasciandolo a raccoglierne pezzi per giorni.

Il capolavoro, però, era stato il cellulare. Lavava i piatti quando il telefono squillò. Nella fretta di rispondere, lo afferrò con le mani scivolose. Il risultato? Gli scivolò di mano come una saponetta impazzita, centrando in pieno il contenitore del detersivo. Non si riaccese mai più, ma almeno brillava come nuovo.

Carlo scosse la testa, rassegnato. “Sono proprio io, lo iellato di casa,” pensò.

Cercò di difendersi: “Ma non è che magari anche a te succedono certe cose, solo che non le racconti?”

Sua moglie lo guardò con un mix di incredulità e indignazione. “Io? Non farmi ridere! Non sono goffa come te!”

Errore. Mai accusare senza prove, specialmente contro qualcuno con una memoria di ferro.

Carlo lo sapeva bene. Lei ricordava inezie di anni prima con una precisione spaventosa, mentre lui non si ricordava nemmeno cosa avesse mangiato a cena il giorno prima. Capì che era meglio lasciar perdere e iniziò a raccogliere i croccantini dal pavimento.

Dopo qualche minuto, però, il silenzio le risultò insopportabile. “Perché non parli più? Ti sei offeso?”

Ma figurati,” rispose Carlo, stanco.

Allora cos’hai? Stai pensando a qualcosa?”

No, non sto pensando a niente.”

Non prendermi in giro! Se fai quella faccia, qualcosa c’è. Dai, dimmi!”

Carlo si sentì braccato, senza via di fuga. Doveva decidere: mentire spudoratamente o rischiare un’altra discussione? Si sentiva come un acrobata sul filo, a metà tra il voler risolvere e il voler scappare.

La comunicazione è un’arte sottile, ma quanto è complicata! Trovare le parole giuste al momento giusto può sembrare una missione impossibile. Essere in sintonia, esprimere le proprie emozioni, rispondere con calma quando ci si sente attaccati: tutto questo suona semplice... in teoria. Eppure, nella vita reale, spesso si inciampa.

Proprio come in una danza, ogni passo richiede equilibrio, attenzione e un po’ di improvvisazione. Ma quante volte finiamo per pestare i piedi dell’altro?

Ecco allora un suggerimento pratico, prova l’esercizio n. 2 per ritrovare la calma durante una discussione.


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