L'Italia, fanalino di coda d'Europa: stipendi da fame, precarietà dilagante e sorrisi di circostanza. Paese della cuccagna o terra di rassegnazione?
Mentre il resto d'Europa avanza, noi arretriamo in zona depressa. Un quadro desolante emerge dai recenti dati OCSE: I salari reali nel nostro Paese sono gli unici ad essere diminuiti negli ultimi 30 anni, attestandosi a livelli persino inferiori a quelli del 1990. Un calo del 2,90% che può apparentemente sembrare insignificante ma diviene catastrofico, se si considera che negli stessi anni l'Italia ha subito un aumento costante del costo della vita, con l'inflazione che ha eroso il potere d'acquisto delle famiglie. Eppure, strano a dirsi, non un mugugno, non una protesta. Sembra che la nostra indole "mansueta" si sia evoluta in una sorta di sottomissione masochista.
Retribuzioni in Europa
https://www.oecd.org/employment/Policy-Brief-Real-wages-regaining-some-of-the-lost-ground.pdf
Per chi avesse la memoria corta o per le nuove generazioni che non hanno avuto la fortuna di vivere in quegli anni vi ricordo che: C'è stato un tempo in cui l'Italia era un Paese prospero, dove gli stipendi permettevano una vita dignitosa e il futuro non era un tunnel buio cosparso di precarietà.
ANNO |
PAGA |
TRAM |
GIORN. |
CAFFE |
PANE |
LATTE |
VINO |
PASTA |
RISO |
CARNE |
ZUCCH |
BENZ |
1980 |
352.000 |
200 |
300 |
250 |
850 |
480 |
660 |
725 |
940 |
7.600 |
750 |
715 |
1985 |
608.000 |
500 |
650 |
400 |
1.200 |
780 |
900 |
980 |
1.150 |
11.000 |
960 |
1.329 |
1990 |
1,1 mil. |
900 |
1.200 |
700 |
1.500 |
1.100 |
1.200 |
1.280 |
1.350 |
16.000 |
1.260 |
1.478 |
1995 |
1.3 mil. |
1.000 |
1.400 |
1.300 |
3.800 |
1.750 |
1.800 |
1.480 |
1.520 |
20.000 |
1.710 |
1.875 |
2000 |
1.4 mil |
1.400 |
1.500 |
1.400 |
4.500 |
2.000 |
2.000 |
1.800 |
1.800 |
25.000 |
1.900 |
2.000 |
2005 |
1.8 mil |
1.700 |
1.936 |
1.936 |
5.500 |
2.800 |
3.800 |
2.200 |
2.300 |
34.000 |
2.500 |
2.800 |
Solo per fare due esempi:
Il prezzo medio di un chilo di pane nel 1990 era di 1.500 lire (0,77€), oggi è di 4,20 euro. Un aumento del 450% !
Un litro di benzina, nel 1990 costava 1.478 lire (0,76€), oggi costa 2,00 euro. Un aumento del 170%!
Fate due conti...
Rispetto al 1990, il potere di acquisto oggi si è ridotto quasi ad un terzo!
Precarietà, precarietà, precarietà: ecco il mantra che scandisce il ritmo della vita lavorativa in Italia. Un'esplosione di contratti a termine, a chiamata, stagionali, cocopro, stage ecc... ha trasformato il panorama occupazionale in un campo minato di insicurezza e mancanza di tutele. Secondo l'ISTAT, nel 2023 la quota di lavoratori con contratto atipico ha raggiunto il 35,2%, la più alta in Europa. Un primato da brivido che ci dipinge come un paese immobile, incapace di evolversi e di offrire ai suoi cittadini un futuro stabile e sicuro.
E non è finita qui. A completare questo quadro apocalittico ci pensa l'inflazione, che, alimentata dalla crisi energetica e dalle tensioni geopolitiche, ha raggiunto livelli record in Italia, con un +8,0% ad aprile 2024. Un salasso per le famiglie, il cui potere d'acquisto viene eroso giorno dopo giorno, condannandole a una vita di stenti e sacrifici.
Che dire poi della povertà assoluta? Secondo l'ultimo report Caritas, in Italia ci sono 5,6 milioni di persone che vivono in questa condizione disumana, il 9,7% della popolazione. Un dato inaccettabile che ci fa vergognare di essere italiani.
Ma non basta. La sanità è al collasso, con ospedali sovraffollati, carenze di personale medico e infermieristico e liste d'attesa interminabili. Secondo il Censis, nel 2023 il 65% degli italiani ha dichiarato di non essere soddisfatto del servizio sanitario nazionale. Un sistema allo sbando che mette a rischio la salute di milioni di cittadini.
E per chiudere in bellezza, dobbiamo ricordarci dell'istruzione scolastica, che continua a arrancare nelle graduatorie internazionali. Secondo l'ultima rilevazione PISA, gli studenti italiani si posizionano al 15esimo posto su 38 in matematica e al 24esimo in lettura. Un risultato che non fa certo ben sperare per il futuro del paese.
L'Italia non merita questa deriva.
Possibile che per decenni i nostri politici si siano divertiti a giocare a "Monopoli", usando gli Italiani come pedine e come destino un dado truccato?
Possibile che le loro “migliori” strategie economiche non abbiano fatto altro che farci sprofondare in un baratro di precarietà, disoccupazione, inflazione e povertà?
Qualcuno ha ancora il coraggio di farci credere alla favola dell'inevitabile sacrificio come conseguenza di un passato vissuto "al di sopra delle nostre possibilità"?
Davvero pensiamo che la nostra sia una punizione divina, un destino contro cui nulla possiamo fare? Oppure, come me, state iniziando a sospettare che ci sia qualcosa di marcio in questo sistema? Che forse, dietro la facciata di quella che spesso giustifichiamo come incompetenza e inefficienza, si nasconda qualcosa di più losco e malvagio? Un piano diabolico ordito da poteri occulti per farci sprofondare nella miseria e nell'oblio?
L'Italia affonda in un mare di letame e gli italiani se ne stanno lì, sorridenti e spensierati, come se nulla fosse. Caffè in mano, aperitivo come se non ci fosse un domani, immersi in una bolla di apatia collettiva che lascia perplessi e sconvolti.
Forse abbiamo perso la speranza? Decenni di instabilità politica, corruzione e promesse vane ci hanno resi cinici e disillusi. “Un futuro migliore? Un'illusione da ingenui. Meglio accontentarsi."
Forse siamo diventati egoisti? La frenesia consumistica e l'ossessione per il successo individuale hanno eroso il senso di comunità e solidarietà. Ognuno è arroccato nel suo piccolo mondo, indifferente alle sofferenze del prossimo?
Forse la tecnologia, che avrebbe dovuto connetterci e unirci, ha avuto l'effetto opposto, isolandoci e allontanandoci dalla realtà? Smartphone, social network, internet: ci immergiamo in un mondo virtuale fatto di immagini patinate, vite perfette e traguardi sbandierati. Ma è solo un'illusione. Dietro lo schermo si nasconde la dura realtà: un Paese che soffre, un'economia che arranca, una società sempre più diseguale.
Forse è la paura di uscire dalla confort zone? Chiunque ama le sue abitudini, le sue tradizioni, la sua stabilità. E' umano essere diffidenti verso il cambiamento, restii ad abbandonare ciò che conosciamo per avventurarci nell'ignoto.
Forse abbiamo perso la memoria? Abbiamo dimenticato le lotte dei nostri padri, le conquiste sociali, il sacrificio di chi ha combattuto per un'Italia migliore.
Un'Italia che migliore lo è stata davvero, e che potrebbe tornare ad esserlo se solo lo volessimo!
Forse...forse...Troppo a lungo ci siamo cullati tra "forse" e "se", illudendoci che le cose cambino da sole. Ma la situazione è ben diversa: se non ci assumiamo la responsabilità del cambiamento, questo avverrà comunque, e nella stessa direzione negativa degli ultimi 30 anni.
Siamo stati ingannati, manipolati e traditi da una dottrina che sembra aver dimenticato completamente i bisogni fondamentali dell'essere umano. In questi ultimi 24 anni, abbiamo assistito al patetico spettacolo di 13 governi composti da coalizioni improbabili. Un'accozzaglia di gruppi dagli interessi contrastanti, uniti soltanto dall'ambizione di conquistare il potere.
Per abbandonare la Lira e introdurre l'euro, siamo stati illusi di poter "lavorare un giorno in meno e guadagnare come se lavorassimo un giorno in più"
“perché gli italiani si bevono qualsiasi minchiata da sempre, basta promettere l'impossibile e venderlo come garantito... "
Solo per scoprire che le cose sono andate diversamente.
Intrappolati in un teatro dell'assurdo dove ogni giorno è una nuova "catastrofe naturale", assistiamo impotenti al crollo delle nostre finanze. Tra bollette astronomiche e salari da fame, le famiglie si aggrappano all'unica speranza rimasta: non ammalarsi.
Quante lacrime ancora dobbiamo versare, quante umiliazioni subire, prima di ammettere che, la nostra "repubblica democratica", privata della sovranità monetaria, si è trasformata in un parco giochi per oligarchi, dove i colossi industriali multinazionali e i mercati globali, sacrificano senza batter ciglio, lavoratori, animali e l'intero pianeta per placare la loro brama di potere?
Che dire poi del voto, un tempo strumento di espressione popolare, ora ridotto a rito inutile, a pantomima senza senso?
Neppure le coraggiose manifestazioni di piazza, sebbene siano un potente mezzo per dare voce alle istanze di cambiamento sociale, sembrano sortire gli effetti sperati.
È giunto il momento colpire il potere dove fa più male: il portafogli!
La vera arma contro chi comanda è il boicottaggio economico.
Il folle paradigma dello stato-azienda, edificato sulla logica del profitto, inevitabilmente crolla se ci rifiutiamo di sorreggerlo.
Gli imperi economico-finanziari che dominano sulla nostra politica e decidono del nostro futuro, traggono la loro forza dai nostri consumi. Smettendo di comprare i loro prodotti o i loro servizi, li priviamo della linfa vitale che li alimenta.
Senza soldi il potere vacilla!
Per approfondimenti: https://confinilabili.blogspot.com/2024/04/il-potere-del-no-il-boicottaggio-come.html
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