4 concetti semplici per decifrare il disordine mondiale:
1) Il Paradosso della Sicurezza: "La Tua Difesa è la Mia Minaccia".
È la legge non scritta che governa l'isteria geopolitica odierna.
Immagina due uomini in una stanza buia. Uno accende una torcia per vedere meglio. L'altro, accecato e spaventato, accende un faro. Il primo, a sua volta, sentendosi minacciato da quel fascio di luce, punta un riflettore da stadio. Il risultato? Nessuno dei due vede meglio. Sono solo più accecati, più terrorizzati e con le mani sul grilletto, convinti che l'altro stia per attaccare.
Questa non è una metafora. È la meccanica della follia pre-bellica.
Stiamo rincorrendo la stessa ossessione che paralizzò l'Europa prima del 1914: l'ossessione della sicurezza assoluta, un fantasma che, una volta inseguito, garantisce solo insicurezza collettiva.
E oggi, questa follia non è più un fenomeno spontaneo. Ha un nome, un budget e una scadenza: ReArm Europe (Readiness 2030).
Non lasciarti ingannare dalla retorica rassicurante. ReArm Europe non è un "piano di difesa". È il più potente acceleratore per la corsa agli armamenti del XXI secolo. È l'ingranaggio perfetto, finanziato e istituzionalizzato, per ricreare le stesse condizioni del 1914:
A. Legittima la Paranoia: Quando un blocco si riarma apertamente, fornisce a ogni regime avversario, la prova definitiva delle sue peggiori paure. "Ve l'avevamo detto, ci vogliono distruggere".
B. Alimenta la Macchina della Guerra: I trilioni di euro stanziati non scompariranno. Troveranno un nemico. Perché un sistema costruito per il conflitto deve, per sua stessa natura, giustificare la propria esistenza trovando una guerra da combattere, reale o percepita.
C. Crea l'Inevitabilità Psicologica: Investire così tanto in un'unica direzione crea una trappola mentale: ci si convince che il conflitto non sia solo probabile, ma inevitabile. Si inizia a vedere la guerra non come un fallimento della politica, ma come il prossimo, logico capitolo.
2) L'Equilibrio del Terrore? Una Pazzia Chiamata MAD.
Abbiamo basato la sopravvivenza del genere umano su una teoria il cui nome, per ammissione universale, è "FOLLE". La Mutua Distruzione Assicurata (MAD) non è una strategia. È un patto blasfemo, una preghiera psicotica rivolta all'istinto di sopravvivenza: "Facciamo a gara a chi minaccia per primo un suicidio di specie."
Funziona finché tutti credono, con religioso terrore, che l'inferno nucleare sia un'opzione perdente per tutti. Ma il terrore non è pace. È solo una tregua armata, un silenzio inquieto pagato con la minaccia dell'olocausto.
E in questo silenzio, le guerre convenzionali non sono cessate; hanno semplicemente cambiato palcoscenico, divampando impunite nell'ombra proiettata dalla bomba, sicure che nessuno osi alzare mai il livello oltre un certo limite.
Il terrore globale e stabile della Guerra Fredda è morto. Al suo posto è subentrato il "Rischio Calcolato".
Oggi, la deterrenza è stata smantellata da un'aritmetica perversa. Perché dovrebbe scattare la rappresaglia nucleare totale—l'apocalisse—se una potenza usa un'arma "tattica" (un ossimoro mostruoso) in un conflitto regionale? Contro un avversario senza atomica? Il calcolo non è più "annientamento certo", ma "quanto olocausto siamo disposti a tollerare?".
È la fine della deterrenza e l'inizio del ricatto nucleare strategico. Sta già accadendo. La minaccia di un'escalation limitata viene brandita per paralizzare la risposta occidentale, per mettere alla prova la solidità delle alleanze, per normalizzare l'impensabile. Il messaggio è chiaro: "Possiamo far esplodere un pezzo del vostro mondo, e voi non farete esplodere il nostro. Perché noi siamo più pazzi di voi."
La MAD non ci ha protetti. Ci ha solo consegnato un'arma puntata alla tempia, convincendoci che la mano sul grilletto sia troppo razionale per premere. Ma in un mondo di calcoli errati, di orgoglio ferito e di "armi tattiche", la follia non è più un acronimo. È un piano d'azione.
3) L'Interdipendenza: L'inganno dei mercati.
Ci hanno venduto una favola: che la globalizzazione, intrecciando le nostre economie, avrebbe reso la guerra “non conveniente sul piano commerciale”. Era una menzogna colossale.
Le oligarchie globali non hanno rinunciato la guerra. L'hanno soltanto privatizzata, finanziarizzata e resa asfissiante. Hanno smantellato il fronte militare per costruire un fronte sistemico parallelo, dove le armi non sono carri armati, ma controllo finanziario, energetico e logistico.
Oggi, un embargo ben congegnato può essere più letale di un bombardamento a tappeto.
Un bombardamento distrugge le infrastrutture. Un embargo dissangua un'intera nazione, ne paralizza la medicina, affama la sua popolazione, congela il suo futuro senza sparare un solo colpo. È una guerra al rallentatore, condotta da tecnocrati in giacca e cravatta i cui decreti uccidono più silenziosamente, ma non meno efficacemente, di una mitragliatrice.
Le sanzioni, i blocchi tecnologici, il ricatto energetico: questa è l’altra faccia della guerra del XXI secolo:
A. Sanzioni Finanziarie: Sono il moderno assedio medievale. Non servono più scale per varcare le mura; basta un click per escludere uno Stato dal sistema bancario globale, strangolandone l'economia fino al collasso.
B. Blocchi Tecnologici: E' l'embargo dello sviluppo. Privare una nazione di microchip non è diverso dal bloccarne le forniture di armi. È un atto di guerra che ne condanna il progresso all'obsolescenza.
C. Ricatto Energetico: La leva più potente. La dipendenza dal gas o dal petrolio altrui non è una scelta economica; è una vulnerabilità strategica che trasforma ogni bolletta in un possibile ultimatum.
Il dramma è che l’interdipendenza ci ha resi tutti ricattabili e vulnerabili.
Abbiamo costruito un mondo in cui il tuo fornitore può diventare il tuo boia con un semplice ordine esecutivo. La tua più grande forza si è rivelata la tua più grande debolezza.
4) Reificazione: L'arma finale che ci disarma la mente.
Il colpo di genio più micidiale del sistema non è un missile o una sanzione. È un incantesimo psicologico che trasforma la prigione in una casa, e le sbarre in colonne portanti.
Questo schema si chiama Reificazione.
In che cosa consiste questa trappola?
La Reificazione è il processo per cui prendiamo strutture create dall'uomo—il capitalismo, lo Stato-nazione, una politica estera—e, attraverso un'ipnosi collettiva, le eleviamo a leggi naturali. Smettiamo di vederle come il frutto mutevole di scelte, compromessi e accidenti storici. Iniziamo a credere che siano immutabili come la forza di gravità o il ciclo delle stagioni.
Perché è l'arma finale?
Perché non serve reprimere il dissenso quando puoi soffocare l'immaginazione.
Non serve dire "è vietato pensare un'alternativa". Basta far sì che l'alternativa appaia ingenua, utopistica o semplicemente folle al buon senso comune.
Facciamo degli esempi concreti, tolti dal catechismo geopolitico contemporaneo:
"L'Italia è uno stato satellite degli USA." Non viene presentata come la risultante di scelte precise (i governi De Gasperi, l'adesione alla NATO, gli accordi bilaterali). Viene narrata come una condizione geologica. Un dato di fatto. Come dire "l'Italia è una penisola". E se è un dato di fatto, perché sprecare fiato a discuterne? Chi propone di rinegoziare quei patti non è un interlocutore politico, ma un illuso che vuole negare l'evidenza.
"Il riarmo è l'unica risposta possibile." La corsa agli armamenti non è più una strategia discutibile. Diventa una reazione istintiva e inevitabile come ritrarre la mano dal fuoco. Non si analizza, non si mette in discussione. Si esegue. È presentata non come una scelta, ma come un riflesso condizionato della sopravvivenza.
"Non ci sono alternative al mercato globale." L'attuale architettura economico-finanziaria non è vista come un modello tra tanti possibili, con i suoi enormi difetti. È l'unico orizzonte concepibile. Qualsiasi proposta di modificarne i principi fondamentali viene bollata come un ritorno alla preistoria.
Questo meccanismo uccide il cambiamento ancor prima che nasca.
È un'arma di distrazione di massa della coscienza critica. Mentre discutiamo entro i confini di questo recinto mentale diamo per scontato il recinto stesso. Non ci chiediamo chi l'ha costruito, perché è lì, e se non si possa, semplicemente, abbattere.
"Nulla può cambiare" non è una constatazione. È la più grande menzogna di tutte, perché è l'unica che, se creduta, si autoavvera.
L'Atto Finale:
Ci vogliono far credere che la salvezza sia conquistare il Palazzo d'Inverno, erigere barricate, imbracciare un fucile.
Si sbagliano.
L'atto veramente radicale, oggi, è disertare la narrazione.
È rifiutarsi di accettare come "naturale" l'architettura della propria prigione. È guardare il mostro negli occhi e sussurrare: "So cosa sei. Un artefatto e mi rifiuto di essere complice del tuo folle progetto!"
Non siamo sull'orlo dell'abisso.
Quella è una favola che ci raccontiamo per sentirci vittime passive di una tragedia già scritta.
La verità è più cinica e più colpevole:
L'abisso lo stiamo già costruendo, mattone dopo mattone.
Ogni volta che accettiamo senza fiatare la retorica dell'"inevitabile" riarmo;
ogni volta che bolliamo come "ingenua" qualsiasi alternativa alla corsa agli armamenti;
ogni volta che ci convinciamo che le scelte di ieri siano le catene di oggi...
Per questo, in un'epoca di isteria collettiva, di urla di guerra e di canti di sirena che inneggiano alla sicurezza attraverso la distruzione, smettere di credere all'inevitabile È il primo, fondamentale, atto di RESISTENZA.
È il rifiuto di essere i manovali della nostra fossa comune.
Nessuna pace è possibile
senza un disarmo integrale.
Papa Francesco
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