28 aprile 2024


 

Il potere del "no": 

Il boicottaggio come strumento di resistenza non violenta.

Ma cos'è esattamente il boicottaggio? Qual è la sua storia e quali sono le sue potenzialità?

In parole semplici, si tratta di un atto di protesta non violento, che mira a colpire un'azienda o un governo costringendolo a riconsiderare le sue pratiche o le sue politiche.

Un rifiuto collettivo che diventa un messaggio di autodeterminazione e ribellione: 

"Non finanzieremo la tua ingiustizia, non saremo complici della tua oppressione".

L'origine del boicottaggio:

La parola "boicottare" (to boycott) ha una storia ricca di significato. Il suo eponimo è Charles Cunningham Boycott, un ex ufficiale dell'esercito britannico che nel 1880 divenne amministratore delle terre del conte Lord Erne in Irlanda.

Boycott era solito vessare anche crudelmente i contadini a lui sottoposti, finché la "Lega irlandese dei lavoratori della terra" non intraprese contro di lui una lotta non violenta consistente nell'attuazione di una campagna di isolamento e di non collaborazione:

I vicini di casa iniziarono a non parlargli; in chiesa nessuno si sedette più vicino a lui o gli rivolse la parola; non fu più servito nei negozi né ebbe più braccianti da ingaggiare per il raccolto nelle tenute che gestiva. Le terre del conte Erne iniziarono ad inaridirsi a causa della mancanza di manodopera e Boycott non ebbe altra scelta che tornare in Inghilterra sconfitto.

La storia di Charles Cunningham Boycott dimostra chiaramente come il boicottaggio, se utilizzato in modo strategico e coeso, possa avere un impatto significativo.

Pensare che "boicottare non serve a niente" è quindi un paradosso, smentito dalla stessa etimologia del termine.

Un esempio recente della sua efficacia riguarda la Barilla spa.

Si! Proprio quella della pasta.

Era il 25 settembre del 2013 quando Guido Barilla, intervistato da Giuseppe Cruciani nel programma radiofonico “La Zanzara” di Radio 24, scivolò in una frase impietosa dichiarando di non voler girare spot pubblicitari con famiglie omosessuali:

Non metterei in una nostra pubblicità una famiglia gay perché noi siamo per la famiglia tradizionale...Se i gay non sono d’accordo, possono sempre mangiare la pasta di un’altra marca..."

Dopo le proteste, le critiche e le campagne di boicottaggio che si sono scatenate su giornali e sulla rete a seguito della sua intervista in radio, Guido Barilla fa un mezzo passo indietro e si scusa.

" Ieri mi sono scusato per avere colpito la sensibilità di molte persone in tutto il mondo. Mi scuso nuovamente per le tantissime reazioni alle mie parole. Mi hanno colpito e addolorato perché mi hanno fatto capire che sul dibattito riguardante l'evoluzione della famiglia ho molto da imparare..."

E' palese che egli non abbia ritrattato per la comprensione morale dei messaggi ricevuti, ma per il pericolo di un crollo nelle quotazioni di borsa.

Il potere del "non acquisto":

La storia del boicottaggio è lunga e ricca di esempi di successo. Già nell'antica Grecia, compaiono diverse forme di gestione non violenta dei conflitti fra cui l'interposizione, il boicottaggio, il rifiuto di combattere. Nel corso dei secoli, questa tattica è stata impiegata in svariate lotte per i diritti civili, per la giustizia sociale e per la tutela dell'ambiente.

Gli episodi più famosi sono sicuramente quello di Gandhi che invitò le persone a cucirsi i vestiti autonomamente per mettere in ginocchio le fabbriche di vestiti inglesi e il movimento per i diritti degli afroamericani di Martin Luther King che portò avanti un lunghissimo boicottaggio dei mezzi pubblici in cui i neri erano costretti a lasciare il posto ai bianchi.

Un altro esempio attuale è quello della Moncler un'azienda di lusso italiana di origini francesi specializzata in abbigliamento e accessori.

Tratto da un'articolo dell'AGI del 3 Novembre 2014:

Monclair: i consumatori devono usare l'arma del boicottaggio, su prodotti confezionati con sfruttamento, delocalizzazione, violazione principi elementari regole comportamento

Dopo l'inchiesta di Report, che ha messo in luce un vero e proprio stravolgimento delle piu' elementari regole e normative europee da parte di Moncler, per confezionare prodotti di lusso, i cui costi di produzione vengono moltiplicati a dismisura per l'unica finalita' di profitto, Adusbef e Federconsumatori fanno un appello per sensibilizzare i consumatori ad utilizzare la formidabile arma del 'boicottaggio'.

Come ha dimostrato Sabrina Giannini, nell'intervista ai responsabili delle catene di produzione di piumini Moncler, che proprio da Moncler ricevono tutte le materie prime, come piume, stoffe, bottoni, chiusure lampo, etichette e loghi da applicare al capo finito, i terzisti ricevono un compenso che si aggira tra i 30 e i 45 euro, mentre sul cartellino, in negozio, il prezzo sale fino a raggiungere e talvolta superare i 1.200 euro, con un ricarico stratosferico ingiustificabile che fa guadagnare solo e soltanto il marchio...

Tratto da un'articolo del Fatto Quotidiano del 3 Novembre 2014:

Moncler crolla in Borsa. Pesa il timore di boicottaggio dopo l’inchiesta di Report

Le azioni della società dei piumini hanno chiuso la seduta in calo del 4,88% dopo che sul web si è diffusa una campagna di protesta contro lo spiumaggio violento delle oche denunciato dal programma di Rai3. La replica: "I nostri fornitori garantiscono il rispetto degli animali" ...

Per i colossi finanziari e multinazionali, sfruttare lavoratori, animali e il pianeta è spesso solo un sacrificio necessario. Le loro priorità sono il profitto e la crescita esponenziale, a qualsiasi prezzo. Anche le sanzioni per le leggi infrante si rivelano inefficaci, gli importi delle multe, spesso irrisori rispetto ai guadagni colossali di queste aziende, vengono calcolati e messi in conto come semplici perdite preventivate.

Quando capiremo che l'unico linguaggio che questi colossi comprendono è quello del denaro?

Acquistare i loro prodotti significa non solo avallare le loro azioni, ma renderci complici di abusi, ingiustizie e devastazione ambientale. Lo scontrino diventa la nostra firma su un patto immorale.

Stessa storia per le istituzioni, i gruppi e i partiti. Aderire significa spesso associarsi non solo ai loro ideali proclamati, ma anche alle loro ombre: barbarie, discriminazioni, bugie e manovre per proteggere i potenti.

Il loro potere deriva proprio dal nostro assenso, dalla nostra inerzia.

Ma siamo davvero sicuri di averne bisogno?

Oppure è giunto il momento di dire basta?

Le manifestazioni di piazza sono senza dubbio una potente espressione di democrazia e un mezzo per dare voce alle istanze di cambiamento sociale. Tuttavia, sono purtroppo vulnerabili alla strumentalizzazione da parte di chi ha intenzioni malevole. Basta, per esempio, infiltrare un gruppo di violenti all'interno di un corteo pacifico per sortire un duplice effetto: Distogliere l'attenzione dai veri motivi della protesta e giustificare la repressione.

Così come suggerisce addirittura il presidente emerito della Repubblica Italiana Francesco Cossiga in una intervista rilasciata al giornalista Andrea Cangini per il "Quotidiano nazionale" del 23 Ottobre 2008:

Presidente Cossiga, pensa che minacciando l’uso della forza pubblica contro gli studenti Berlusconi abbia esagerato?

«Dipende, se ritiene d’essere il presidente del Consiglio di uno Stato forte, no, ha fatto benissimo. Ma poiché è l’Italia è uno Stato debole, e all’opposizione non c’è il granitico Pci ma l’evanescente Pd, temo che alle parole non seguiranno i fatti e che quindi Berlusconi farà quantomeno una figuraccia».

Quali fatti dovrebbero seguire?

«A questo punto, Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro dell’Interno».

Ossia?

«In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino di dodici anni rimanesse ucciso o gravemente ferito…».

Gli universitari, invece?

«Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».

Dopo di che?

«Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».

Nel senso che…

«Nel senso che le forze dell’ordine dovrebbero massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli a sangue e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano».

Anche i docenti?
«Soprattutto i docenti. Non quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che indottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!».

E lei si rende conto di quel che direbbero in Europa dopo una cura del genere? «In Italia torna il fascismo», direbbero.

«Balle, questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l’incendio...»

Orchestrare pretesti per reprimere le proteste con la forza e attribuire alle manifestazioni dei connotati violenti, fornisce ai governi il consenso popolare sufficiente a giustificare ogni loro abuso.

Basti ricordare quello che è successo in occasione delle manifestazioni del G8 a Genova nel 2001 o più recentemente nelle proteste contro le restrizioni anti-Covid in Francia nel 2022.

Il potere del "non acquisto", non è solo un'azione intelligente, è un modo per esprimere i nostri valori e le nostre priorità, prendendo le distanze da realtà che non condividiamo o che riteniamo dannose. A differenza di una protesta di piazza, dove il rischio di repressione o di essere etichettati come "facinorosi" è sempre presente, il consumo consapevole è un'azione discreta e quotidiana che non espone a pericoli immediati. Scegliendo di non comprare qualcosa oppure di fare a meno di un servizio, non saremo certo manganellati da un celerino, ma il nostro gesto, se sommato a quello di tanti altri cittadini, può avere un impatto significativo.

Un boicottaggio ben organizzato può:

Accendere i riflettori su questioni importanti: Spesso, le ingiustizie restano nascoste nell'ombra. Un boicottaggio le porta alla luce del sole, costringendo i media e l'opinione pubblica a confrontarsi con esse.

Mobilitare le coscienze: Di fronte a un'ingiustizia evidente, il boicottaggio diventa un invito all'azione, spingendo le persone a prendere posizione e ad agire per il cambiamento.

Creare un effetto domino: Essendo un'azione non violenta e relativamente comoda da attuare, il boicottaggio può coinvolgere persone di ogni estrazione sociale, età e capacità, favorendo una partecipazione ampia e inclusiva.

Unirsi a un boicottaggio significa diventare parte di un movimento, di una forza collettiva che può cambiare il corso della storia. E' un modo per dare voce a chi non ne ha, per amplificare il messaggio di giustizia e per costruire un futuro più equo e sostenibile per tutti.

Allora, cosa aspetti? Il potere del "no" è nelle tue mani.




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