31 maggio 2012

Le pillole della felicità



Dopo un breve periodo di assenza, torno a parlare di me.

“Ci sono frangenti che a dispetto di tutto, vanno affrontati da soli. “

Non so quanti di voi, io spero nessuno, hanno avuto a che fare con gli psicofarmaci.

Io ho iniziato farne uso circa dieci anni orsono.

La disfatta commerciale dell’attività che mia moglie ed io gestivamo da oltre venti anni, e che in seguito abbiamo chiuso, mi ha cagionato una brutta depressione che è poi degenerata in agorafobia con attacchi di panico. Non potevo (e anche ora faccio molta fatica) sopportare i luoghi affollati.
Mi rivolsi al medico di famiglia che mi prescrisse un farmaco in gocce, lo “Xanax”, ebbe così inizio  la mia dipendenza da antidepressivi.

Destino beffardo, pochi anni dopo, sono riuscito a trovare impiego in un ipermercato (un luogo da cui fuggivo).

Fu così che, catapultato in prima linea all’ufficio post-acquisti (ex ufficio reclami), proteso sulla galleria commerciale, ho dovuto per necessità, soffocare con elevate dosi di tranquillanti, l’angoscia che provavo lavorando nella confusione generale. Dopo circa tre anni di costrizione, mi resi conto che questa terapia non poteva essere la soluzione, infatti non manifestava più importanti benefici, altresì mi procurava un’inarrestabile assuefazione e gli effetti collaterali divenivano apprezzabili: Perdita di memoria, stordimento, delocalizzazione e disturbi percettivi, si stavano manifestando con insistenza. Non potevo e non volevo compromettere il mio lavoro.
Però, come cita un detto, “non tutto il male viene per nuocere",  in qualche modo sapevo di dover reagire. Quel luogo di lavoro tanto ostile, poteva diventare la mia, per così dire  “ Palestra per una terapia d’urto” .
Con la supervisione della psichiatra che mi ha in cura abbiamo deciso che forse era il caso di ridurre sino a sospendere l’assunzione di benzoziadepine.
Gradualmente nell’arco di un mese ho raggiunto l’obiettivo.

Però ancora non sapevo quali sarebbero stati  i sintomi da astinenza :”è una cosa soggettiva, un evento significativo può verificarsi, con una certa probabilità, alla sospensione di dosaggi quali 40 mg al giorno per il diazepam, ad esempio, anche se 10-20 mg al giorno, assunti per un mese, possono anche scatenare una sindrome d'astinenza quando il farmaco viene sospeso. La gravità dei sintomi associati alle benzodiazepine varia enormemente a seconda della dose media e della durata dell'uso. Tuttavia, una sindrome da astinenza lieve può far seguito anche a un uso da breve tempo di dosi relativamente basse.” mi disse la dottoressa.

Bho! Io ne ho fatto uso per circa dieci anni.
Staremo a vedere
Nella notte tra Giovedì 26 e Venerdì 27 Aprile 2012, i disturbi si mostrarono in tutta la loro violenza.
Come qualcuno, che incessantemente suona al campanello di una casa, il cui inquilino gli ha sempre offerto conforto e sicurezza, ma che ora si  mostra chiusa e desolatamente vuota, il mio organismo cercava disperatamente le sostanze che gli erano necessarie.
Quelle ore notturne la passai sveglio, ipervigile. Tutti i sensi si erano acuiti, percepivo odori e suoni che prima non sentivo.
I pensieri turbinavano vorticosi e nemmeno l’esercizio di tecniche di rilassamento yoga o la pratica dello zazen riuscivano a calmarmi.
La mattina dopo, presi la mia city bike rossa per recarmi negli ambulatori del D.S.M. dove esercitava la dottoressa che mi seguiva e che lo fa tuttora.
Volevo capire cosa mi stava accadendo. Ero sorpreso ed impreparato.
I  7 Km.che mi separavano dagli uffici del DSM, passarono in un attimo, o almeno quella fu la mia percezione.
Non mi era mai capitato di percorrere quel tragitto in un lasso così breve di tempo, i muscoli reagivano come un velocista ai blocchi di partenza, i livelli di dopamina, serotonina e adrenalina erano alle stelle.
Arrivai in ambulatorio parecchio euforico,  la dottoressa mi accolse subito.
Gli elencai i sintomi:
Insonnia;
Agitazione psicomotoria;
Contrazioni muscolari;
Iperosmia – (ipersensibilità olfattiva);
Tremori;
Fotofobia - (ipersensibilità alla luce);
Ipersensibilità tattile;
Vampate di calore, sudorazione, palpitazioni…
Emicrania
Insomma tutta una serie di  sensazioni che, emicrania a parte, non mi erano familiari e nemmeno tanto normali.
La dottoressa, dopo aver trascritto tutto sulla mia scheda anagrafica, mi rassicurò riferendomi che la sintomatologia si riconduceva pienamente alla casistica clinica. Parlando al condizionale, mi disse che lo stato fisico sarebbe migliorato nel giro di 15 giorni, mentre invece i fastidi di natura psicologica avrebbero avuto un più lungo decorso.
Poi alzando il tono della voce, pose l’accento e ribatté con insistenza, l’importanza di non sospendere bruscamente la terapia restante e lo scrisse anche sulla scheda programmatica di assunzione giornaliera.
In seguito, compresi il significato del suo atteggiamento: sarebbero comparsi disturbi nella memoria a breve termine.
”Sono determinato ce la posso fare” mi ripetevo continuamente.
Nei giorni seguenti mi resi conto di quanto narcotizzati fossero stati i miei sensi negli anni precedenti. Oggi a circa due mesi dall’inizio del mio percorso di disintossicazione, fra alti e bassi, posso finalmente dire che sto riscoprendo le mie sensazioni originarie.
Per la depressione e l’ansia ho ancora molto da fare, ma grazie alla pratica quotidiana dello yoga e dello zen, coadiuvato da un competente supporto psichiatrico, vedo dei lenti ma costanti miglioramenti.
Ancora oggi, mentre digito queste righe, sento che i progressi di questa scelta accrescono la consapevolezza di un risultato positivo.

Considerazioni finali:
Se è vero che ansia e depressione sembrano essere presenti maggiormente nei paesi ricchi, allora si può trattare di un disagio sociale e culturale indotto. Importanti casi clinici a parte, molte persone sono inutilmente trattate con psicofarmaci solo perché la naturale sensazione d’infelicità è considerata una malattia, anziché una parte normale della vita. La ricerca medica, negli anni ha fatto passi da gigante, consentendoci un’aspettativa di vita più lunga e agiata, ma gli interessi economici che ruotano dietro alcuni medicinali, possono compromettere anche i più nobili scopi. Questa società basata su consumo e capitalismo ci vuole far credere che la soluzione di tutti i mali è racchiusa in una pillola (con grande beneficio per le case farmaceutiche), la questione è che non esiste una via semplice, ogni progresso è costellato di difficoltà e sacrifici,

perchè non orientarsi piuttosto verso uno stile di vita più semplice e naturale:
- stare al sole o sotto lampade che ne imitino la luce, per esempio migliora il tono dell’umore;
- abituarsi ad un regolare ciclo di veglia e sonno;
- camminare a passo veloce, pedalare in campagna o praticare una qualsiasi attività fisica che si svolga all’aria aperta;
- esercitarsi nelle tecniche di rilassamento e ascoltare musica (vedi la sezione”esercizi”)
- adottare un’alimentazione sana e una vita sociale ricca,
questi  esempi possono essere utili fattori di prevenzione della depressione,
Metterli in pratica è facile, economico e salutare. Perchè non provare?

A questo proposito non posso che ringraziare il mio maestro di aikido che alla giovane età di 12 anni, quando per la prima volta misi piede sul tatami, mi fece conoscere l’antica disciplina dello yoga per la mente ed il corpo. La mia curiosità, fece il resto…

Ringrazio inoltre la dottoressa del D.S.M. che mi ha in terapia, per la sua competenza, serietà e comprensione.

Esprimo gratitudine più di ogni altra cosa alla mia famiglia che mi ha sopportato e mi supporta, nonostante gli sbalzi d’umore.
E se questo mio diario potrà essere fattore stimolante per qualcuno di voi lettori, saprò che non sarà stato invano scriverlo.


Fabrizio P.

19 maggio 2012

Esercizio n.5





La “Piena consapevolezza del qui e ora” non è solo la condizione zen per eccellenza, ma anche il miglior rimedio contro lo stress.

Appena sentiamo l’agitazione aumentare, proviamo ad accompagnare ogni azione con un pensiero:

Stiamo camminando? Recitiamo mentalmente :“ Cammino”
Se preparo la colazione :“ Sto preparando la colazione”
Al lavoro riordino gli scaffali? Allora pensiamo “Sto mettendo in ordine gli scaffali”

A volte è utile provare a dire sottovoce quello che stiamo facendo in questo momento.”Ora sto digitando sulla tastiera questa frase” sto sussurrando.

Lo Zen non ha niente a che vedere con la filosofia o la religione.
Essere Zen significa innanzitutto essere sé stessi.

Sembra troppo facile? Proviamoci.

Fabrizio P.

Esercizio n.4: Sorridi



Esercizio n° 4: Antistress
Sorridiamo


Più spesso che possiamo, anche se non né abbiamo voglia, sorridiamo. Quando lo facciamo, attiviamo 42 muscoli facciali che inviano segnali al sistema nervoso autonomo ( cioè, colui che si occupa di far funzionare correttamente la respirazione, l’attività cardiaca ecc…). inoltre, a livello cerebrale, questo processo libera endorfine e dopamina che sono neurotrasmettitori della gratificazione.


Ma e anche buon sistema per difenderci dall’ansia
:" Secondo Freud il sogno è uno scudo per ansia e il riso procura piacere, ma anch’egli ha ammesso che l’umorismo è un potente meccanismo di difesa. Con la risata le inibizioni, come gli impulsi sessuali e quelli aggressivi, possono trovare uno sfogo socialmente accettato.
Ernst Kirst sostiene che la battuta di spirito ci fa tornare all’infanzia, liberandoci dalle "costrizioni" della logica".

Fa pure l’effetto di un analgesico
Diversi studi dimostrano che ridere innalza la soglia del dolore con un effetto analgesico. Dice il professor Farnè: " In numerose cliniche americane si sono istituiti dei servizi per favorire nei pazienti il ridere e la comparsa di emozioni positive ".
Anche in Italia si è diffusa la comicoterapia negli ospedali. Lo psicologo Rod Martin, alla Western Ontario University, nell’88 fu tra i primi a verificare che l’umorismo modera il calo delle difese immunitarie che si verifica in periodi di stress. Secondo William Fry, psichiatra alla Stanford, una buona dose di risate quotidiane può ridurre il rischio di infarto cardiaco e della depressione.

Sorridere fa bene e l'effetto è immediato!

Fabrizio P.

12 maggio 2012

Italiani popolo di santi, poeti e navigatori… si, ma con il TomTom!


Italiani: popolo di santi, poeti e navigatori… ?

Lavorando all’ufficio post acquisti di un grande ipermercato, per esperienza diretta, le cose mi appaiono diversamente.

Qua da noi, la gente riesce a smarrirsi anche con il navigatore GPS!

Ma come è possibile?

 Proprio quest’oggi un cliente è venuto a ritirare il suo dispositivo al quale abbiamo effettuato un aggiornamento del software. Poiché il signore non conosce l’uso del computer e di conseguenza nemmeno di internet, si è presentato particolarmente infervorato, riferendomi del recente episodio in cui, recandosi a Parma, su indicazione   del navigatore, si ritrovava a circa 10 Km di distanza, dal luogo che intendeva raggiungere. Ho provato a fargli capire che l’impiego di detti strumenti è assoggettato a un frequente aggiornamento delle mappe, ma niente da fare, questa fu la sua posizione:   “ Non è possibile che per usare ‘sti aggeggi serva una laurea in informatica e poi come mai non è presente un manuale cartaceo, ti forniscono un dischetto da mettere nel computer. Ma io un computer non ce l’ho e non ho davvero voglia nè di comprarlo e tantomeno di recarmi da qualcuno per poi pagarlo…”

Ma quando non esistevano i navigatori satellitari si perdevano tutti?

Io non sono un nostalgico anzi,  la tecnologia mi affascina, ma conseguentemente mi costringe ad un’applicazione costante per rimanere informato sulla sua frenetica evoluzione.

Però vi ricordate come era bello, quando per raggiungere un luogo si faceva affidamento solo alle indicazioni della gente incontrata lungo la strada?

Fermavi il veicolo, abbassavi il finestrino e chiedevi…

Qualche volta ti imbattevi in un buontempone che, su sua indicazione,  ti faceva ritrovare al termine di una strada chiusa, persa in un luogo remoto.
Qualcun’altro invece ti suggeriva la via verso un locale di sua conoscenza, su cui probabilmente lucrava qualche lira a provvigione.

Ma, nella maggioranza dei casi,  incontravi persone gentili e disponibili che ti fornivano informazioni corrette sulla giusta direzione. È sempre gratificante compiere una buona azione.

In qualunque caso era un pretesto per socializzare, e se perdevi la rotta, potevi farti ospitare da un’affittacamere di periferia, per poi scoprire, seduto al tavolo con i proprietari della locanda e con un buon bicchiere di vino in mano, che nei dintorni vi erano dei luoghi meravigliosi da visitare. A volte smarrirsi è costruttivo e piacevole. Rispetto al passato, quindi, le cose non sono cambiate, qualche volta ci si perdeva, allora come oggi.

Ma perché arrabbiarsi? Forse perché una domanda non costa nulla mentre il navigatore gps lo paghiamo profumatamente?

Sia come sia un detto popolare cita: “ Si fa meno fatica a sorridere che a tenere il broncio”

Un saluto cari Italiani:
popolo di santi, poeti e navigatori… si, ma con il TomTom!