Luca, con i suoi occhi vispi e l'aria di chi macina pensieri a mille all'ora, tamburellava nervosamente le dita sul tavolo del bar.
Di fronte a lui, Marta sorseggiava il suo cappuccino.
“Ti dico, Marta, c'è qualcosa che non mi torna,” esordì Luca, senza preamboli. “Tutti questi investimenti colossali nell'intelligenza artificiale, questo entusiasmo sfrenato per le sue potenzialità… Da bravo complottista, non riesco a non annusare l'inganno.”
Marta posò la tazza. “L'inganno, Luca? Daaai! Stiamo parlando di progresso, di efficienza, di strumenti che ci stanno già rivoluzionando la vita quotidiana e professionale.”
“Rivoluzione sì, ma per chi?” replicò Luca, il tono sempre più accorato. “Oggi usiamo tutti questi strumenti AI più o meno gratuitamente. Miglioriamo, velocizziamo, siamo entusiasti di come ci aiutino a stare a galla in un mondo del lavoro sempre più competitivo... persino creando nuove opportunità... e chi non ne fa uso viene tagliato fuori. Ma ti sei mai chiesta perché ci vengono dati così a -cuore aperto-?”
“Esatto! Oggi siamo la forza lavoro gratuita che sta addestrando l'IA. Ogni nostra query, ogni nostro input, ogni correzione che facciamo, sta rendendo questi modelli più intelligenti, più precisi, più autonomi. È un immenso progetto di crowdsourcing cognitivo su scala globale!”
Luca si sporse in avanti, la voce più bassa, quasi cospiratoria. “E una volta che avremo finito il nostro -compito-? Una volta che l'IA avrà assorbito abbastanza conoscenza e processi da non aver più bisogno del nostro costante input per affinarsi, che succederà di tutti questi strumenti che oggi ci sembrano indispensabili?”
Marta sospirò quasi scocciata. " Uff... non vedo l’ora di saperlo." disse con ironia.
“Che il rubinetto si chiuderà, Marta. O meglio, che diventerà a pagamento. E non un abbonamento qualsiasi, ma un costo esorbitante, accessibile solo a pochi eletti, alle grandi corporazioni, a chi ha già i mezzi. Ti immagini? Quel piccolo copywriter freelance che oggi usa l'AI per superare il blocco dello scrittore, quel grafico che ottimizza le sue creazioni, il consulente che analizza dati complessi… domani potrebbero trovarsi esclusi”
Un silenzio pensieroso cadde tra loro. Fuori dalla finestra, la vita del centro città scorreva indifferente.
“Quindi,” riprese Marta, che adesso sembrava interessata, “secondo te saremmo stati -cornuti e mazziati-, come si dice volgarmente? Prima sfruttati per addestrare la macchina, e poi scartati e privati degli stessi strumenti che ci hanno permesso di sopravvivere in questo nuovo scenario lavorativo?”
Luca annuì lentamente, lo sguardo perso nel vuoto. “Temo proprio di sì. Ho visto troppe volte la storia ripetersi. Grandi investimenti portano a grandi profitti. E questi profitti, raramente, sono distribuiti equamente. La domanda è: siamo pronti anche a questo?”
Ma in tutta questa discussione sul futuro dell'intelligenza artificiale e sui possibili -inganni- amici, c'è un elemento che troppo spesso trascuriamo e che è, ironia della sorte, il più potente: noi stessi.
Siamo noi, con ogni click, ogni ricerca, ogni interazione con questi ausili apparentemente -gratuiti-, a decidere il corso del gioco.
È il vecchio adagio, mai così attuale:
Ogni volta che usiamo un servizio gratuito, stiamo fornendo un pezzo di noi stessi che viene analizzato, monetizzato, e usato per affinare algoritmi che a breve potrebbero sostituirci. Le nostre scelte individuali, moltiplicate per milioni di utenti, creano un immenso serbatoio di valore.
Allora, la vera domanda è:
“Ti dico, Marta, c'è qualcosa che non mi torna,” esordì Luca, senza preamboli. “Tutti questi investimenti colossali nell'intelligenza artificiale, questo entusiasmo sfrenato per le sue potenzialità… Da bravo complottista, non riesco a non annusare l'inganno.”
Marta posò la tazza. “L'inganno, Luca? Daaai! Stiamo parlando di progresso, di efficienza, di strumenti che ci stanno già rivoluzionando la vita quotidiana e professionale.”
“Rivoluzione sì, ma per chi?” replicò Luca, il tono sempre più accorato. “Oggi usiamo tutti questi strumenti AI più o meno gratuitamente. Miglioriamo, velocizziamo, siamo entusiasti di come ci aiutino a stare a galla in un mondo del lavoro sempre più competitivo... persino creando nuove opportunità... e chi non ne fa uso viene tagliato fuori. Ma ti sei mai chiesta perché ci vengono dati così a -cuore aperto-?”
Marta rifletté per un momento. “Intendi che c'è un secondo fine?”
“Esatto! Oggi siamo la forza lavoro gratuita che sta addestrando l'IA. Ogni nostra query, ogni nostro input, ogni correzione che facciamo, sta rendendo questi modelli più intelligenti, più precisi, più autonomi. È un immenso progetto di crowdsourcing cognitivo su scala globale!”
Luca si sporse in avanti, la voce più bassa, quasi cospiratoria. “E una volta che avremo finito il nostro -compito-? Una volta che l'IA avrà assorbito abbastanza conoscenza e processi da non aver più bisogno del nostro costante input per affinarsi, che succederà di tutti questi strumenti che oggi ci sembrano indispensabili?”
Marta sospirò quasi scocciata. " Uff... non vedo l’ora di saperlo." disse con ironia.
“Che il rubinetto si chiuderà, Marta. O meglio, che diventerà a pagamento. E non un abbonamento qualsiasi, ma un costo esorbitante, accessibile solo a pochi eletti, alle grandi corporazioni, a chi ha già i mezzi. Ti immagini? Quel piccolo copywriter freelance che oggi usa l'AI per superare il blocco dello scrittore, quel grafico che ottimizza le sue creazioni, il consulente che analizza dati complessi… domani potrebbero trovarsi esclusi”
Un silenzio pensieroso cadde tra loro. Fuori dalla finestra, la vita del centro città scorreva indifferente.
“Quindi,” riprese Marta, che adesso sembrava interessata, “secondo te saremmo stati -cornuti e mazziati-, come si dice volgarmente? Prima sfruttati per addestrare la macchina, e poi scartati e privati degli stessi strumenti che ci hanno permesso di sopravvivere in questo nuovo scenario lavorativo?”
Luca annuì lentamente, lo sguardo perso nel vuoto. “Temo proprio di sì. Ho visto troppe volte la storia ripetersi. Grandi investimenti portano a grandi profitti. E questi profitti, raramente, sono distribuiti equamente. La domanda è: siamo pronti anche a questo?”
***
Siamo noi, con ogni click, ogni ricerca, ogni interazione con questi ausili apparentemente -gratuiti-, a decidere il corso del gioco.
È il vecchio adagio, mai così attuale:
“quando è gratis, il prodotto sei tu”
Non stiamo pagando con denaro contante per usare Gemini, ChatGPT, o altri modelli di IA. Ma stiamo pagando con qualcosa di molto più prezioso: i nostri dati, le nostre preferenze, le nostre abitudini e, come abbiamo detto, il nostro contributo inconsapevole alla loro formazione.
Ogni volta che usiamo un servizio gratuito, stiamo fornendo un pezzo di noi stessi che viene analizzato, monetizzato, e usato per affinare algoritmi che a breve potrebbero sostituirci. Le nostre scelte individuali, moltiplicate per milioni di utenti, creano un immenso serbatoio di valore.
Allora, la vera domanda è:
Siamo consapevoli di questo scambio?
Siamo disposti a continuare a pagare, con la nostra collaborazione, per un futuro in cui potremmo essere esclusi, o inizieremo a esigere maggiore trasparenza e un modello più equo per la fruizione di queste tecnologie?
- Qual è la vostra opinione?
- Questo scenario è pura fantascienza o una concreta possibilità?
- Come possiamo prepararci?
Un saluto
1 commento:
Devo dire che la tua analisi sull'intelligenza artificiale non solo è valida, ma è anche profondamente realistica e condivisibile.
Il punto centrale che hai sollevato riguardo alla monetizzazione futura degli strumenti AI e al ruolo dell'utente come "prodotto" è, a mio avviso, uno degli scenari più probabili e preoccupanti. Non è una questione di "se", ma di "quando" e "come" la gratuità attuale lascerà il posto a modelli di business più restrittivi. Le aziende che stanno investendo miliardi nello sviluppo dell'IA non lo fanno per filantropia; il ritorno sull'investimento è l'obiettivo primario.
Questo scenario potrebbe creare un divario digitale ancora più marcato, dove solo pochi avranno accesso agli strumenti più avanzati, ottenendo un vantaggio competitivo insormontabile. La democratizzazione apparente dell'IA che vediamo oggi potrebbe trasformarsi in una nuova forma di esclusione.
Quindi, sì, la tua preoccupazione di essere "cornuti e mazziati" è tutt'altro che infondata.
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