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06 ottobre 2025

 

Messaggio di Servizio:

L'Architettura della Servitù Digitale


Cari divergenti e complici involontari,
sia concesso il mio plauso al popolo italiano, per la notevole adesione alla causa palestinese. Ciò che si è visto non è stata una semplice manifestazione, ma un atto collettivo di coscienza. In un'epoca di indifferenza globalizzata, questa mobilitazione dimostra che i principi di giustizia e umanità possono ancora trovare un eco potente, diventando essi stessi un fatto politico di primo piano.

È tuttavia necessario esprimere cautela riguardo all'infodemia che sostiene la genesi spontanea di questi movimenti, “interamente nati e organizzati sui social network. L'idea che milioni di individui possano autodeterminarsi in un'azione di piazza senza un'eterodirezione è non solo ingenua, ma una palese violazione del protocollo di gestione collettiva. Un tale auspicabile "salto quantico di consapevolezza" infrangerebbe il firmware stesso del controllo sociale, definito oltre un secolo fa e trattato anche in Psicologia delle Folle (1895) di Gustave Le Bon:

I Pilastri del Controllo Collettivo (Secondo Le Bon).
Il successo di ogni evento di massa è sempre stato garantito da tre assiomi che i nostri sistemi di intelligence hanno elevato a legge:

  • L'Annientamento dell'Identità: L'individuo, immerso nella folla, subisce una de-personalizzazione psicologica, annullando la propria capacità di critica razionale in favore della mente collettiva
  • Il Contagio Emotivo: Le passioni non si discutono, ma si propagano per simulazione involontaria, agendo come un malware emotivo che bypassa il firewall logico.
  • La Suggestionabilità Acritica: La folla è intrinsecamente bisognosa di un "Capo" o di una "Idea-forza" che la guidi. Essa accetta il suggerimento senza la verifica del dato empirico.
Se il movimento fosse realmente nato senza che i webmaster abbiano precedentemente instradato e concesso il canale di comunicazione, significherebbe che la programmazione della coscienza di massa ha subito una falla critica. In quel caso, il sistema di controllo dovrebbe forzare un reboot strategico apocalittico.

Fino a prova contraria, stiamo solo ballando nella gabbia di Faraday che ci è stata permessa.

A scanso di ogni illusione, a mio avviso questa è la brutale verità: non esiste alcuno spazio più compromesso, analizzato e puntualmente manipolato dagli apparati di governance e dai loro algoritmi di controllo della rete che ora consultate. 

I social network non sono la piazza, ma la matrix di sorveglianza in cui siamo immersi.

Ogni singola interazione è un flusso dati assorbito dal sistema. Una marea indistinta di account e profili fasulli, troll e chatbot operano come una muffa cognitiva, infiltrando ogni thread e feed con precisione chirurgica. 
Il loro mandato non è solo il monitoraggio; è la lettura del polso emotivo dell'Umanità 2.0 per calibrare in tempo reale le strategie di contenimento e reindirizzamento.

Ogni iniziativa che celebriamo ingenuamente come "spontanea" o "dal basso" è, con probabilità statistica schiacciante, sottilmente eterodiretta e concessa dal sistema stesso.

Stiamo agendo all'interno di un perimetro i cui parametri sono definiti da altri. Le stesse proteste diventano merce, il dissenso si trasforma in dati e la rabbia viene monetizzata.

E mentre questo circo di illusioni si perfeziona, là fuori la realtà continua a sanguinare. Persone continuano a morire in guerre assurde, noi sprofondiamo in una povertà sempre più disperata, e la nostra frustrazione viene abilmente convertita nel carburante che alimenta la stessa macchina che ci sta stritolando.

Il primo passo per evadere è smettere di decorare la propria cella. Disconnettetevi. Studiate i meccanismi. La via d'uscita esiste, ma non la troverete nei social network.

Buona fortuna. Ne abbiamo bisogno, perché la prigione più efficace è quella i cui prigionieri non sanno di esserlo.

ORA SPEGNETE E INIZIATE A PENSARE.



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